Come Parlare di Morte ai Bambini
Quest’oggi voglio parlarvi di un tema che non è uno dei più “allegri” cioè come parlare della morte ai bambini. In questi giorni tra la festa di Halloween, la festa di tutti i Santi e il Giorno dei Defunti è capitato spesso di tirare in ballo la morte, concetto che per molti bambini è alquanto oscuro, e per altrettanti genitori un vero e proprio tabù. Spesso si sceglie di non parlarne ai piccoli per ‘proteggerli’, o perché non si sa come farlo, eppure, come dicono molte ricerche e esperti della psicologia infantile, sarebbe bene non tenerli all’oscuro. La morte è un argomento difficile e delicato, per certi versi inspiegabile sia per un bambino sia per noi adulti. Come molti genitori sanno e molti altri scopriranno i bambini nella propria scoperta del mondo rivolgono ai propri genitori molte domande è molto probabile che prima o poi veniamo interrogati su un tema molto delicato come quello della morte. Le domande su questo tema non sono altro che il tentativo dei bambini di ampliare la propria comprensione del mondo. Poiché esso apprende osservando, sperimentando, giocando ma anche domandando. Il genitore disponibile a parlare della morte aiuta il suo piccolo a comprendere “gradualmente” la morte come un evento naturale. Parlarne aiuta a preparare il bambino a possibili perdite che potrebbero verificarsi nel corso dell’infanzia. É un tema che sicuramente non si esaurisce con una sola domanda e una sola risposta ma saranno le informazioni che di volta in volta verranno fornite e ripetute che aiuteranno e renderanno più facile la comprensione di un tema molto difficile.
Una volta che tra genitori, si è condivisa l’idea che sia utile e importante parlare della morte con i propri figli bisogna pensare a cosa dire e come dirlo. Solitamente rispetto a questo argomento i genitori sono influenzati dai propri valori delle proprie convinzioni e credenze religiose o meno. Indipendentemente da ciò è necessario adeguare il livello di comunicazione all’età del bambino: fino a tre anni, i bambini, sono ancora troppo piccoli per parlare di questo tema; dopo i tre anni gradualmente, in base anche alle esperienze di vita, i bambini iniziano a familiarizzare con il concetto della morte; a quasi sei anni, la morte è intesa come un qualcosa legata alla tristezza e alla separazione; dai sei ai nove anni si inizia ad associare la morte a fantasie paurose che hanno come protagonisti scheletri e fantasmi e non è raro che queste fantasie possano turbare le notti dei bambini infatti, è in questo periodo che la morte inizia ad apparire come un evento irreparabile e da cui non si torna indietro, si fatica però a percepirlo come qualcosa di inevitabile e che riguarda ogni forma vivente; dai nove ai dodici anni questa consapevolezza maturerà ed è in questa fase della vita che il bambino comprende che come tutti gli esseri viventi anche lui un giorno morirà. É per queste “differenze di pensiero” nelle varie fasce d’età che i contenuti genitoriali vanno adeguati ai diversi livelli di comprensione del bambino. Oltre a ciò ci sono alcuni accorgimenti da tenere in considerazione:
• E’ utile ad esempio che il genitore si trovi a proprio agio nel trattare questo argomento e che lo ponga come una naturale realtà del ciclo della vita.
• Tenendo a mente che fino all’età di nove anni le capacità di astrazione del bambino sono limitate è importante cercare di essere concreti e diretti, facendo riferimento quando possibile all’esperienza diretta del bambino. Ad esempio l’andamento delle stagioni in natura può essere utile come riferimento, cosi come il ciclo di vita di fiori e piante.
• C’è l’eventualità che il bambino dovesse chiedere “quando morirai? Sta al genitore il compito di rassicurarlo, per esempio attraverso l’utilizzo di parole come “Sei preoccupato all’idea che io possa morire, sappi che conto di vivere per molto tempo ancora”. È quindi importante essere rassicuranti, apparire naturali e come già osservato comunicare in modo appropriato rispetto all’età del bambino.
• Evitare alcune associazioni di idee come ad esempio associare il sonno alla morte potrebbe non essere una buona idea. Il bambino potrebbe iniziare ad avere paura di addormentarsi o che i genitori non si risveglino. Anche spiegare la morte come un lungo viaggio oppure come il partire per un meta lontana potrebbe generare la paura che una persona amata in partenza, anche per un brave vacanza, non faccia ritorno.
In altre parole, è importante tenere presente che quello che il bambino coglie nelle nostre parole, qualsiasi cosa gli diciamo in momenti dolorosi come un lutto familiare, non è tanto il loro significato, quanto il tono emotivo: è importante usare parole che non chiudano alla speranza, che consolino, senza mai negare la realtà. Bisogna riuscire a trasmettere al bambino che, anche se la morte è una realtà inevitabile per tutti, è un evento che non ci fa cadere nel buio della disperazione.
Può accadere che anche nella prima infanzia un bambino debba affrontare la perdita di una persona cara. Il ruolo del genitore una volta che l’evento è accaduto è quello di darne comunicazione in modo chiaro e diretto, offrendo conforto fisico, con un caloroso abbraccio ad esempio. É un momento duro e difficile in cui il bambino avrà bisogno di due elementi in particolare: rassicurazione e sostegno nell’elaborare i propri sentimenti. Quando poi si verifica la morte di una persona cara è possibile che il bambino faccia domande sulla propria morte o su quella dei genitori. Si può rispondere che è una cosa che succederà, ma collocandola in un tempo molto, molto lontano, quando lui sarà diventato grande, avrà avuto i suoi figli, ecc. Quando il bambino perde una persona cara, oppure, talvolta, un animale a cui è affezionato è Il genitore che lo aiuterà a ristabilire con gradualità un senso di sicurezza nel mondo. Esprimere i propri sentimenti durante il lutto è molto difficile ed è necessario che il genitore possa dare voce a quello che il bambino sembra chiaramente provare dicendo ad esempio “ti rende triste la mancanza di XXX”.
Quali sono le attività che possiamo fare insieme al nostro piccolo?
• Non va mai dimenticata l’importanza del gioco e quanto esso sia importante per ciascun bambino. Il genitore può, quindi, favorire il gioco libero e non strutturato in cui il bambino possa esprimere i propri sentimenti più profondi oppure il genitore potrebbe giocare insieme a lui per favorire l’elaborazione del lutto. Un esempio è il gioco con le marionette, con cui, narrando una storia il genitore potrebbe chiedere cosa sente questo o quel determinato personaggio;
• uno strumento importante è il disegno, chiedendo al bambino di fare un ritratto della persona defunta o anche del cagnolino che tanto amava;
• quando un bambino è più grande si può utilizzare la scrittura, chiedendogli di scrivere dei pensieri o un lettera d’addio;
• raccogliere disegni e foto per costruire l’album dei ricordi e dei momenti passati insieme.
In sintesi, offrire sicurezza, sostegno nell’esprimere i propri sentimenti, ricordare la persona scomparsa sono aspetti che possono aiutare il bambino ad affrontare il proprio dolore e ciascun genitore può cercare il proprio personale ed unico modo per proporre il proprio supporto.
E’ opportuno portare i bambini al funerale di un parente e/o al cimitero? Non ci sono regole fisse ma è abbastanza vero che più il bambino a partire dai 3/4 anni, ha sempre più bisogno di partecipare, conoscere e scoprire ciò che vede e registra intorno a lui. Se gli è stato spiegato cosa sta accadendo con parole e frasi adatte all’età, portarlo al funerale e al cimitero è senz’altro buono perché permette al bambino di salutare la persona cara e di partecipare agli eventi del mondo a cui appartiene.
Per concludere, nessun genitore, anche se lo vorrebbe, è in grado di evitare ai propri figli la sofferenza che deriva da eventi traumatici come la morte. Attraverso il loro sforzo è però possibile che i bambini giungano preparati all’occorrenza di alcuni eventi dolorosi e che possano essere sostenuti e facilitati nel loro processo di elaborazione di tali avvenimenti.La nostra incapacità di stare accanto a loro quando sono sofferenti ci rende impotenti, soprattutto quando siamo i noi i primi a soffrire per una perdita. Spesso infatti proteggiamo noi stessi dicendo di proteggere loro. L’ideale è parlarne, saper ascoltare e decidere anche tenendo conto dei loro desideri/bisogni sul da farsi.